25 Marzo 2000

Le pietre e il muschio di Kyoto

8 minuti di lettura
Articolo di Associazione Archivio Storico Olivetti

dal 25 marzo al 14 maggio 2000

Villetta Casana, Ivrea
I GRANDI SPAZI DELLA CREATIVITA' di Eugenio Pacchioli 1979, Stati Uniti Su uno dei più importanti settimanali di economia e di affari, cioè Business Week, si poteva leggere una frase che di sicuro poteva inorgoglire un Canavesano ma che avrebbe comunque fatto piacere a qualsiasi altro abitante dell'italico stivale. La frase era questa: "chiedi ad un giapponese a che marca pensa quando si parla di macchine per scrivere e la sua prima risposta sarà, con molte probabilità, Olivetti". Olivetti è sempre stato una specie di sinonimo di macchine per scrivere, e non solo in Italia. Ma ad Olivetti è anche stata collegata tutta un'esperienza, composita e originale, che ha coinvolto l'organizzazione del lavoro, l'architettura, la vasta serie degli interventi sociali, la cura del design e la cultura in senso lato. Una fama che a ragione ha sempre accompagnato il nome Olivetti. Anche all'estero. Anche in quel lontano estremo oriente dalla cultura raffinata. E di intensa sensibilità. Con una Olivetti che è riuscita ad affascinare il Giappone e i giapponesi perché dotata di una carta vincente racchiusa in un solo termine, lo stile. E non sembri retorica, perché una tale affermazione è sostenuta da una sorprendente ammirazione che addirittura risale a parecchi anni precedenti lo sbarco della Olivetti in Giappone. Giovanni Pintori, uno dei più famosi grafici del '900, citava infatti proprio i giapponesi, come gente affascinata dallo stile olivettiano: "Adriano Olivetti è stato forse il primo industriale al mondo a comprendere l'importanza della comunicazione pubblicitaria nelle manifestazioni industriali come mezzo fondamentale e insostituibile per la vita e lo sviluppo dell'impresa, attribuendo all'informazione la stessa importanza vitale della produzione. Infatti dieci anni prima che in Giappone giungesse una macchina Olivetti, venne organizzata dai giapponesi, nel 1954, una grande mostra della grafica e del design Olivetti" (AA.VV. Milano 70/70, Milano, 1972, nr.168, vol. III). FEELING ANTICO D'altro canto, in terra canavesana un antico feeling con il Giappone risaliva all'800 quando Pier Alessandro Garda riuscì nell'arco di una vita avventurosa a collezionare alcune centinaia di oggetti di arte giapponese (e cinese). Una raccolta originale che sebbene non paragonabile ad altre simili, quella del Museo Chiossone di Genova ad esempio, vanta tuttavia un insieme prezioso e raffinato costituito da lacche, vasi, bronzi, ceramiche, avori, costumi e sete. Con le lacche in posizione di eccellenza per la qualità e la varietà degli oggetti. La presenza della collezione Garda a sua volta ha favorito una serie di rapporti con Istituzioni giapponesi sia sotto l'aspetto degli studi che, decisivo ed importante, sotto l'aspetto degli interventi di restauro delle lacche (AA.VV., Lacche Orientali della Collezione Garda, Olivetti, Ivrea, 1994). Specifica, intensa e in fondo singolare si è poi rivelata la vicenda culturale perseguita e sviluppata dalla Olivetti nei confronti del Giappone e della sua raffinata civiltà. Certamente è ancora tutta da scrivere una storia del flusso straordinario di cultura che una azienda (metalmeccanica) come la Olivetti è riuscita a promuovere non solo in Italia ma anche nel mondo. La domanda può risultare oziosa, proponibile però se non altro per il gusto di tentare una ideale classifica: con quale delle sue Consociate sparse in tutte le latitudini la Olivetti ha sviluppato il più intenso scambio culturale? Risposta non facile. Eppure, e non sembra soltanto una sensazione, si può considerare il Giappone come un'area dove il rapporto pare sia stato preferenziale o comunque caratterizzato da reciproca attrazione, con un'interazione molto partecipata e propositiva tra l'Headquarter e la Olivetti Corporation of Japan. Comunque intenso. Comunque ricambiato. Comunque curioso. EVENTI TRA ORIENTE ED OCCIDENTE Un rapporto in fondo verificabile se solo si considerino i numerosi eventi tutti capaci di esercitare una fascinosità reversibile. Di cultura italiana esportata in Giappone e di cultura giapponese importata in Italia. Qualche esempio? Tra i tanti, nel 1965 i film di Sele Arte promossi dalla Olivetti furono presentati a Tokio dove qualche anno più tardi, nel 1971, (the show was an immense success) giunse Concept and Form, una famosa e sontuosa esposizione sulle attività di corporate della Olivetti che "made a great impact on designers, the general public and especially the industrial world", come si legge in una recensione dettagliata (aprile 1978) del The CoCoMAS Committee (Corporate Communication as A Management Strategy) di Tokio. Due altri forti avvenimenti d'arte si susseguirono poi nell'arco di soli tre anni, "Masters of Modern Italian Art - The Gianni Mattioli Collection" (1972), sull'arte del Futurismo e sull'Astrattismo, e "Leonardo da Vinci the Scientist" (1974). E poi, tanti altri eventi fino alla mostra "L'arte precolombino de Mexico" portata dalla Olivetti negli anni '90 fino in terra giapponese. Ma in parallelo si erano andate sviluppando curiosità e promozioni rivolte a quella cultura che, altissima e preziosa, era stata espressa dalla civiltà giapponese in gran parte sconosciuta in occidente e in Italia in particolare. Se la già citata mostra sulle Lacche orientali della Collezione Garda (1994) ebbe un impatto limitato al territorio canavesano, ben diversa fu la risonanza dell'esposizione dedicata a Sho: l'arte della calligrafia nel Giappone contemporaneo, una mostra che fece scoprire quella mirabile e tipica pittura-parola nota come calligrafia che con l'anima e il gesto sublima i simboli in arte della linea e del sentimento. Minori, ma solo in apparenza e ad un primo superficiale sguardo, alcune iniziative editoriali si rivelarono dei veri e propri eventi culturali perché offrirono l'occasione di scoprire e ammirare due momenti dell'arte giapponese. Con i calendari, per esempio. Due dei famosi ed ormai introvabili calendari Olivetti furono infatti dedicati alla pittura di Sotatsu, un grande dell'arte giapponese della prima metà del XVII secolo e al filone del tutto originale della pittura (moda) Nanban fiorita a cavallo del XVI e XVII secolo . Da essi furono poi tratte altrettante sontuose monografie corredate da impeccabili commenti di Terukazu Akiyama e Yuzo Yamane ("The Genius of Sotatsu", Olivetti, 1976) e di Yoshikazu Iwasaki ("Nanban", Olivetti, 1969). QUATTRO STRAORDINARI MOMENTI E poi? Tante altre iniziative, varie e di grande prestigio. Quattro per tutte, un libro, un film, un edificio, una rivista. Un libro. Con le illustrazioni di Kuniyoshi Kaneko per uno dei famosi ed ambiti libri strenna Olivetti, quello dedicato a Lewis Carroll e al suo "Alice nel paese delle meraviglie" (Olivetti, 1974). Un film. Kyoto, affidato da Sele Arte al famoso regista Kon Ichikawa. E su questo film molto sarebbe da dire ma è preferibile lasciare allo stesso regista una seppur breve presentazione riproposta a trent'anni di distanza nelle pagine che seguono. Un edificio. Il Palazzo della Olivetti Corporation of Japan progettato dall'architetto Kenzo Tange. Anche sul Palazzo di Kenzo Tange non è il caso di dilungarsi perché due specifici interventi, di Renzo Zorzi e di Notizie Olivetti, anch'essi riportati nelle pagine del catalogo, ne delineano origini e caratteristiche. Una rivista. Spazio. Su cui merita fermarsi. Una pubblicazione in giapponese; una testata che utilizza un termine italiano; eccellente per l'elevata qualità editoriale e tipografica; oltre 50 numeri distribuiti in circa 30 anni, con tirature intorno alle 5000 copie diffuse presso privati, società ed istituzioni giapponesi; una iniziativa sostenuta con ammirevole costanza dalla Olivetti Corporation of Japan a partire dal 1970. Perché parlarne? Spazio aveva una finalità, the harmony of the arts and science, ampiamente raggiunta perché personalità della cultura giapponese ed italiana hanno con costanza inviato qualificati contributi su arte, letteratura, musica, scienza, società, tradizioni, .realizzando un vero punto d'incontro che ha consentito di conoscere una serie smisurata degli aspetti più vari, soprattutto della cultura italiana. Un conteggio più curioso che rigoroso attribuisce a Spazio circa 15.000 argomenti trattati, dalla maschera di Eduardo De Filippo ai cantautori italiani, da Quasimodo alla Colonna Traiana, da Orazio a San Francesco, dalla Vernaccia all'incontro di Teano . Forse questa prestigiosa rivista potrebbe essere considerata come un legante indispensabile che non solo ha favorito lo sviluppo di iniziative più elaborate ma ha anche creato le condizioni per una conoscenza della società, della storia e della cultura italica. CULTURA CON STILE Insomma, siamo di fronte ad una singolare ed originale esperienza di scambio culturale. Se si volesse proporre un'immagine che in sintesi descrivesse questa fortunata vicenda si potrebbe far ricorso ad una ellissi dove i due fuochi corrispondono ai nomi di Tokio e Olivetti. Una ellissi prolifica in fatti e rese culturali. Forse un'altra delle insospettate creazioni culturali maturate nel tempo e con gradualità, ma con perseveranza, da una Olivetti dovunque ammirata per la ricchezza e la qualità dei suoi propositi. Sono questi ed altri i contenuti della mostra che l'Associazione Archivio Storico Olivetti propone all'inizio dell'anno 2000. Una mostra captive che fa ricorso al solo suo specifico patrimonio e che ha lo scopo di illuminare un periodo, un aspetto della vicenda storica, una piccola sezione dentro la più ampia strategia culturale della Olivetti. Si parlava di ellissi costruita sui fuochi Tokio-Olivetti. Sì, una ellissi ricca di accoglienza e di partecipazione. Perché, e lo spiega bene Renzo Zorzi nella sua introduzione alla mostra milanese sulla calligrafia, Olivetti ha svolto "in questo paese di grandi tradizioni intellettuali, spirituali ed artistiche, un'attività di scambi culturali, una ricerca di comprensione e di accostamento ai valori più significativi, propri e permanenti della sua interiorità, in una presa di coscienza delle diversità delle culture e delle loro espressioni, pur nell'unità fondamentale di ciò che è universalmente umano, presente nel destino di ogni civiltà, più forte di ogni lontananza e separazione". Ma in fondo cosa c'era alla base di tutto? Uno dei protagonisti dell'impegno culturale della Olivetti, Renzo Zorzi, molti anni fa così ne spiegava l'impostazione: "Due parole sul significato della nostra presenza culturale. Siamo un'industria italiana, ma che lavora in tutti i paesi del mondo. Veniamo quindi in contatto con molte culture, con molti modi di essere, diversi e interessanti, con molti problemi. Da tutti questi paesi abbiamo avuto arricchimento, conoscenza ed idee, e verso tutti abbiamo cercato di portare alcune cose proprie dell'Italia, il senso della sua civiltà estetica e il meglio della sua espressione artistica e morale. Vorrei fare solo un esempio. Una recente ricerca compiuta in Giappone ci ha rivelato che in quel paese, dove Olivetti è presente da soli dodici anni, la nostra Società è tra le prime quindici del paese che i giovani giapponesi in cerca di primo impiego prendono in considerazione per la loro carriera. Certamente ciò è dovuto alla qualità dei nostri prodotti e della nostra organizzazione, ma anche alle molte attività culturali che abbiamo svolto, a come ci siamo presentati, ai films fatti fare a Ichikawa o agli edifici fatti costruire a Kenzo Tange, come alle mostre d'arte italiane fatte girare nelle sue città. La cultura cioè, quando è perseguita in modo vero, senza truccarla e piegarla a intenzioni che non le appartengono, senza farne motivi di pubblicità e di consumo, senza strumentalizzarla a fini che non sono i suoi, finisce per avere un'influenza anche pratica, che la gente capisce e che crea attorno a chi ne è promotore, quel terreno di simpatia e di fiducia che si riflette anche nello sviluppo delle attività commerciali. Ma su questo occorre avere grande chiarezza di propositi e senso di responsabilità. Fare cioè le cose in un certo modo perché questo è il nostro dovere; il resto, secondo le parole della parabola evangelica, 'vi sarà dato in sovrappiù'". CREATIVITA' DI OGGI IN NUOVE TERRAE INCOGNITAE E la mostra? questa mostra si propone di descrivere proprio una stagione (quella stagione) ricca di scambi e di cultura, di entusiasmi ma anche di impegni, di progetti e di coinvolgimenti. Tutto bello ed anche esaltante, si dirà; ma .bello ed esaltante, .allora. Oggi però a rischio di sterile nostalgia. Ricordo e celebrazione. Materiali di archivio. Dove il termine archivio, vagamente dispregiativo, può tagliare curiosità e attenzioni. Errore, quando si pensi che non di esperienza sepolta si tratti. L'esperienza infatti c'è stata ed è stata positiva e, importante, ha lasciato un senso di profonda stima reciproca, un interesse forte al dialogo tra culture e tra imprese, un vissuto fatto di collaborazioni e di attese. La stima dello stile. Non si parte da zero né bisogna reinventarsi delle caravelle che facciano vela verso l'oriente misterioso e chiuso. Si può tranquillamente parlare di un capitale di esperienza che c'è e che ha tutta la potenzialità per un nuovo impiego e per nuovi progetti. Certo, i contesti sono mutati ma nuove creazioni possono sfruttare quel capitale. Che è diventato nel frattempo un patrimonio di tutto un territorio e che non si presta più neppure a limitazioni geografiche. I grandi risultati forse risentono di altri climi economici e di altre temperie culturali ma oggi un certo passato è lì per essere sfruttato come stimolo, come punto di partenza per nuove progettazioni, per nuove forme di dialogo e di coinvolgimento. Forse troppo si pretende da una mostra di tal fatta ma di sicuro non è nelle sue finalità la celebrazione oziosa ché anzi è proprio verso gli spazi del possibile e della creatività l'invito che da essa vuol prendere le mosse. Ubbie? E cosa avrebbero dovuto dire, alcuni secoli fa, quegli europei che, nell'ignoranza più sconcertante, tentarono le vie dell'oriente? Il Giappone oggi è molto più vicino di un tempo. Molte cose sono oggi pensabili e relativamente più praticabili. Lo spazio per la creatività c'è. Spazio.
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